Risarcimento dei danni della casa acquistata all’asta

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Pubblicato da: Avv. Daniele Giordano

Il risarcimento dei danni subiti da una casa all’asta ha sempre destato notevole interesse.

Questo soprattutto perché, ancora ad oggi, c’è confusione circa i rimedi concretamente applicabili.

Ciò malgrado, ancora oggi, vi sono situazioni in cui oggettivamente tra la data della vendita, la data dell’aggiudicazione e la data del decreto di trasferimento si verificano danni per cui qualcuno deve pur rispondere.

Prima di verificare i possibili scenari è importante sottolineare i momenti più importanti ai fini di questo approfondimento.

Partiamo con il definire questi “tre” periodi perché sono i tre momenti principali della vendita all’asta.

La data della vendita è il momento in cui l’offerente, con il deposito dell’offerta, rappresenta la sua inequivocabile volontà di acquistare quel dato bene, come rappresentato nella perizia e come, semmai, visto.

Il momento dell’aggiudicazione in quanto questo è il momento in cui l‘offerente acquisisce la legittima aspettativa di divenire proprietario proprio del bene per cui era stata presentata offerta.

La data della pronuncia del decreto di trasferimento che segna il definitivo trasferimento della proprietà.

Il risarcimento dei danni alla casa all’asta: l’aliud pro alio, i danni del debitore, la responsabilità del custode

Il risarcimento dei danni della casa all’asta per problematiche successive alla vendita o scoperte successivamente

Cosa succede se offro per l’acquisto di un immobile che è totalmente diverso da quello rappresentato nella perizia?

Poniamo il caso che Tizio sia interessato all’acquisto della Villa ad Ostia (RM) all’asta del 30 giugno 2021.

La perizia è rassicurante, la visita pure.

Successivamente all’acquisto (rectius: all’aggiudicazione) Tizio si accorge, tramite una verifica presso i competenti uffici del Comune di Roma, che l’immobile è totalmente abusivo.

Si tratta verosimilmente di un acquisto totalmente difforme da quello promesso, il cd. “aliud pro alio“.

Tizio ha acquistato Oro, per ricevere patate per intenderci.

Diamo per assodato che Tizio abbia letto la perizia e che la medesima non forniva dubbi sulla conformità urbanistica del bene

Si sappia, infatti, che l’aggiudicatario, si badi bene, non può essere risarcito qualora abbia trascurato la lettura della perizia estimativa – ex multisE‘ onere degli offerenti interessati all’acquisto esaminare, prima di formulare l’offerta, la relazione di stima e gli atti del processo, dai quali dovrebbe emergere chiaramente ogni circostanza rilevante ai fini della valutazione e della convenienza dell’acquisto (Cassazione civile, sez. III, 25 ottobre 2016, n. 21480. Est. Tatangelo)

Nel caso di Tizio, ossia dell’acquirente all’asta che si accorga – immediatamente dopo l’aggiudicazione – della difformità tra il bene acquistato e quello promesso, costui potrà opporsi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (dispiegando opposizione agli atti esecutivi) alla prosecuzione del trasferimento entro 20 giorni dalla conoscenza del vizio per chiedere la “revoca dell’aggiudicazione”.

L’aliud pro alio e i rimedi per l’aggiudicatario

Non tutti i vizi riscontrati autorizzano la revoca dell’aggiudicazione o la ripetizione del prezzo.

Nelle aste giudiziarie, infatti, ex art. 2922 c.c. non opera la garanzia per vizi “minori”.

E’ stato osservato che, pertanto, la difformità, per essere produttiva di effetti, a questi fini, deve configurarsi come una “radicale diversità” del bene oggetto di vendita forzata rispetto a quello rappresentato per la vendita o la sua inidoneità a servire agli scopi dell’acquisto.

Si pensi all’immobile già oggetto di ordinanza di demolizione per assenza di titolo abilitativo edilizio.

Si pensi al fabbricato industriale costruito con amianto e la cui attività presupporrebbe l’integrale demolizione e ricostruzione.

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Oppure a quando il bene consegnato rientra in un genere differente da quello presente nell’ordinanza di vendita;

Oppure sia carente delle qualità necessarie per adempiere alla sua funzione economico sociale (Ex. Una casa che non risulta abitabile);

Insomma, quando il bene è totalmente diverso, o totalmente inadatto, l’aggiudicatario potrà chiedere la revoca dell’aggiudicazione o l’annullamento del decreto di trasferimento.

Sull’opposizione dell’aggiudicatario ex art. 617.

Ovviamente l’aggiudicatario non è sprovvisto di rimedi per arginare una situazione spiacevole come la suddetta.

La Cassazione ha infatti ampliato il concetto di aliud pro alio per concedere una maggiore tutela all’aggiudicatario in caso di radicale diversità dell’immobile acquistato.

Come appare facilmente intuibile, la presenza di una di queste ipotesi permetterebbe la configurazione di un acquisto “aliud pro alio”.

Rispetto a tale questione la giurisprudenza della Cassazione nella Sentenza n.1669/2016 ha affermato che vista la differenza strutturale che sussiste tra una vendita forzata ed una negoziale, per la prima sarebbe difficilmente configurabile una nozione lata di aliud pro alio, con la conseguenza che il decreto di trasferimento potrà ritenersi nullo soltanto se si riscontrasse una radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata oppure questo risultasse inidoneo alla destinazione d’uso a cui faceva riferimento l’ordinanza di vendita.

Esempio: Immobile ad uso abitativo, dopo un integrazione alla perizia effettuata successivamente al versamento del saldo prezzo, presenta elementi inquinanti soltanto in parte eliminabili e che costituiscono un impedimento per il recupero della piena salubrità del bene.

Rispetto ai rimedi esperibili dall’aggiudicatario in presenza di aliud pro alio, va menzionato un fervente dibattito in dottrina.

Da un lato si guardava all’aggiudicatario come un acquirente tout court del bene che poteva esperire tutti i rimedi processuali previsti per la vendita di aliud pro alio (azione autonoma per la riduzione del prezzo, per la risoluzione della vendita) mentre la corrente dottrinaria opposta sosteneva che l’aliud pro alio andava fatto valere nei limiti dell’opposizione agli atti esecutivi, in quanto la vendita soggiaceva ad un iter processuale che presentava regole proprie (la radicale diversità conduce in sostanza alla nullità del decreto di trasferimento).

In realtà, sul tema, anche la giurisprudenza ha spesso presentato pronunce ondivaghe e spesso contrastanti.

Pensiamo al caso della Sentenza n.4378/2012 (Pres.Filadoro, Est.Barreca) con la quale si è affermato che l’acquirente aggiudicatario ha a disposizione tutti gli strumenti predisposti per la vendita volontaria mentre i soggetti facenti parte della procedura esecutiva ma diversi dall’acquirente aggiudicatario possono agire con opposizione tempestiva agli atti esecutivi avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli atti immediatamente conseguenti ad esso.

Invece, nella Sentenza n.7708/2012 (Pres. Russo, Est. De Stefano) si è ritenuto che l’aggiudicatario del bene ha l’onere di far valere l’aliud pro alio mediante lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi da esperire nel termine perentorio di 20 giorni dalla conoscenza legale dell’atto viziato o dal momento in cui la conoscenza del vizio o la sua conoscibilità sarebbe stata possibile con una diligenza ordinaria.

L’indirizzo fornito in quest’ultima pronuncia si è poi consolidato.

È stato, difatti, ripreso e confermato dalla Sentenza n.1669/2016 e dall’Ordinanza n.11729/2017, le quali hanno aggiunto che il termine di cui al 617 c.p.c. “decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo”.

L’aggiudicatario, infine, può opporsi al decreto di trasferimento ma non nei 20 giorni successivi alla sua conoscenza (come prescrive l’articolo 617), quanto piuttosto nei 20 giorni successivi alla conoscenza del vizio (termine mobile) di cui va allegata la scoperta.

Come si può opporre l’aggiudicatario alla vendita di un immobile diverso?

A latere di ogni questione circa la natura negoziale o semi negoziale della vendita all’asta, è un fatto che le ragioni dell’aggiudicatario, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, possono trovare conforto solo attraverso la proposizione di un opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) depositata entro 20 giorni dalla conoscenza del vizio.

L’aggiudicatario che lamenti l’aliud pro alio deve opporsi al decreto di trasferimento con la “consolazione” di avere un termine mobile.

Infatti, in questo caso il termine previsto dall’art. 617 c.p.c. decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, “occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo”

Qualora l’aggiudicatario non dovesse “fare in tempo” o magari il vizio dovesse emergere a distanza di anni dalla chiusura della procedura esecutiva immobiliare, non è escluso, secondo alcuni, che lo stesso possa instaurare un’ autonoma azione, svincolata dai termini dell’art. 617 c.p.c., allegando e provando l’impossibilità di proporre opposizione agli atti esecutivi e la tardiva scoperta, a lui non imputabile, del vizio.

Secondo tale interpretazione, ad esempio,  si veda l’ordinanza del Tribunale di Pavia del 6 novembre 2018 n. 1733 Giudice Dott. Luciano Arcudi.

Più di recente, invece, la Suprema Corte ha denegato tale ipotesi.

Non ci sarebbe spazio per un’ autonoma azione, da parte dell’aggiudicatario, dopo la conclusione dell’esecuzione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni (incluso quello mobile concesso).

Infatti “l’ammissione, dopo la conclusione dell’esecuzione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni, di azioni volte a contrastare gli effetti dell’esecuzione stessa, sostanzialmente ponendoli nel nulla o limitandoli, è in contrasto sia con i principi ispiratori del sistema, sia con le regole specifiche relative ai modi e ai termini delle opposizioni esecutive. assazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 16-7-2021, n. 20331  (CED Cassazione 2021)”

Commento e sintesi

In tutta sincerità chi scrive ritiene che la soluzione adottata dalla giurisprudenza di legittimità individui una soluzione solo “di facciata“.

La soluzione individuata infatti penalizza esageratamente l’aggiudicatario che si trovi ad eccepire la radicale differenza dell’immobile acquistato all’asta.

A questi viene imposto:

Il rispetto di un termine brevissimo di appena 20 giorni che, secondo chi scrive, non sono sufficienti per argomentare circa la complessità della vicenda.

Questo termine inoltre dovrebbe decorrere da quando l’aggiudicatario ha conoscenza del vizio.

La conoscenza del vizio, quale momento a partire dal quale decorre il termine per il compimento di un dato atto, ha sempre creato problemi e disordini (si veda la giurisprudenza circa la conoscenza del vizio per la risoluzione o la riduzione del prezzo nel contratto di appalto ad esempio)

È anche fortemente in dubbio da quale preciso grado di conoscenza tale termine debba decorrere.

Basta che l’aggiudicatario dubiti, ad esempio, della regolarità urbanistica del bene perché accennatagli da un vicino?

Occorre che il medesimo abbia una conoscenza piena, magari consentita da una successiva consulenza tecnica di parte o parere professionale?

Essendo la tempestività (e dunque l’ammissibilità) un fattore preliminare alla valutazione del merito della vicenda ritengo altissimo il rischio che l’eventuale procedimento cautelare possa concludersi con una molteplice serie di pronunce di inammissibilità per tardività.

Il creditore procedente (che dovrebbe restituire eventualmente parte del ricavato) farà di tutto per affermare che l’aggiudicatario non ha provato di aver conosciuto del vizio nei 20 giorni antecedenti alla proposizione dell’ opposizione agli atti esecutivi.

La generale de-responsabilizzazione della procedura esecutiva immobiliare rispetto a tali problematiche è certamente preoccupante, potendo minare un principio cardine, immanente al nostro sistema costituzionale: la trasparenza e correttezza della vendita coattiva.

Rendere (quasi) impossibile il ristoro dell’aggiudicatario in questi casi, di certo giova, nel breve, a quel singolo creditore, ma pregiudica la totale affidabilità del sistema, su cui la totalità dei creditori ripone fiducia.

Il risarcimento dei danni della casa all’asta per danni cagionati dal debitore

Che fare se l’immobile acquistato all’asta è danneggiato

Quando l’immobile viene danneggiato dal debitore esecutato, a meno che tale danneggiamento non comporti la distruzione dell’immobile, non riteniamo possibile la revoca del trasferimento o dell’aggiudicazione.

La questione va affrontata guardando all’Articolo 2922 c.c., il quale statuisce che: “Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa. Essa non può essere impugnata per causa di lesione“.

Dal primo comma del suddetto articolo emerge come l’aggiudicatario non può esperire l’azione contro i vizi, se l’immobile risulta danneggiato tanto da manifestare un impoverimento sotto il profilo qualitativo, rispetto alla condizione descritta nei documenti del tribunale.

Nell’ambito dei danni cagionati all’immobile vi rientra anche la questione attinente all’asportazione di alcune pertinenze da parte del debitore.

Siccome il pignoramento immobiliare ex. 555 c.p.c. si estende anche agli infissi, pavimenti, porte, caldaie e tutti gli altri beni che sono compresi nel novero delle “pertinenze ed accessori”, è assolutamente vietato per il debitore portarli via con sé.

Premesso che per questi danni, l’aggiudicatario nulla potrà recriminare alla procedura esecutiva immobiliare (a meno che non siano di grossa entità) vediamo cosa, egli, nel concreto, possa fare in caso in cui si presentino dei danni prima della consegna dell’immobile.

Immobile danneggiato dal debitore prima della liberazione

Per i danni all’immobile aggiudicato certamente potrà rispondere il debitore esecutato sia civilmente che penalmente.

Lo stesso dicasi per il terzo occupante senza titolo.

Per quello che qui rileva, infatti, il debitore che distrugga, in tutto o in parte, l’immobile di altri (o che di altri stia per diventare) deve rispondere dei danno provocato oltre che delle spese di ripristino per il fatto illecito commesso.

Ai sensi dell’art. 2043 c.c. “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno

Non escluderei, a tale proposito, in questo caso che l’aggiudicatario possa agire per il risarcimento del danno direttamente nei confronti del debitore esecutato o del terzo occupante senza titolo.

Nel primo caso, quando il danno sia stato cagionato dal debitore esecutato, non escluderei la possibilità per l’aggiudicatario di rivalersi sul ricavato della vendita nei termini di cui si dirà.

Cosa può fare l’aggiudicatario in caso di danni alla casa all’asta?

Nel caso in cui il debitore dovesse provocare danni all’immobile, prima della liberazione, l’aggiudicatario potrebbe intervenire nella procedura esecutiva immobiliare quale creditore non titolato tardivo presentando atto di intervento ex art. 499 c.p.c. e istanza di accantonamento delle somme ex art. 510 c.p.c.

In questo caso l’aggiudicatario avrebbe 30 giorni di tempo, successivi al deposito dell’intervento, per attivarsi per procurarsi un titolo esecutivo e dunque per introdurre un procedimento civile.

Nella specie l’aggiudicatario, depositato atto di intervento e istanza di accantonamento delle somme, dovrebbe poi introdurre un procedimento civile per l’accertamento del danno subito e per la sua quantificazione.

Qualora la sentenza dovesse pervenire nei 3 anni (tempo massimo per l’accantonamento ex art. 510 c.p.c.) l’aggiudicatario potrebbe attingere dal riparto (accantonato) e soddisfarsi su questa somma.

Tale discorso è ovviamente privo di consistenza ove dal riparto non residuasse nessuna somma.

Certo, questo rimedio potrebbe essere particolarmente invitante in quei casi in cui la casa sia stata messa all’asta per un debito molto minore del valore dell’immobile.

Poniamo il caso che l’immobile valga 1.000.000 euro e sia stato messo all’asta per un debito di 100.000 euro.

I restanti 900.000 euro dovrebbero essere restituiti al debitore esecutato.

Qualora, però, il debitore avesse avuto un comportamento disdicevole avendo danneggiato l’immobile pignorato, l’aggiudicatario, intervenendo ex art. 499, potrebbe chiedere l’accantonamento di una parte di questi soldi nell’attesa di procurarsi un titolo.

Ottenuta la sentenza che accerta la responsabilità del debitore per i danni provocati all’immobile (e sempre che questa pervenga nei 3 anni massimi dall’accantonamento) l’aggiudicatario potrebbe soddisfarsi sulla somma accantonata.

Si veda art. 499 c.p.c. comma 5 “i creditori intervenuti i cui crediti siano stati viceversa disconosciuti dal debitore hanno diritto, ai sensi dell’articolo 510, terzo comma, all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, sempre che ne facciano istanza e dimostrino di avere proposto, nei trenta giorni successivi all’udienza di cui al presente comma, l’azione necessaria affinchè essi possano munirsi del titolo esecutivo

Art. 510 comma secondo “L’accantonamento è disposto dal giudice dell’esecuzione per il tempo ritenuto necessario affinchè i predetti creditori possano munirsi di titolo esecutivo e, in ogni caso, per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Decorso il termine fissato, su istanza di una delle parti o anche d’ufficio, il giudice dispone la comparizione davanti a sè del debitore, del creditore procedente e dei creditori intervenuti, con l’eccezione di coloro che siano già stati integralmente soddisfatti, e dà luogo alla distribuzione della somma accantonata tenuto conto anche dei creditori intervenuti che si siano nel frattempo muniti di titolo esecutivo. La comparizione delle parti per la distribuzione della somma accantonata è disposta anche prima che sia decorso il termine fissato se vi è istanza di uno dei predetti creditori e non ve ne siano altri che ancora debbano munirsi di titolo esecutivo”.

Cosa succede quando i danni all’immobile sono imputabili al custode giudiziario?

La figura del custode giudiziario è delineata dall’Articolo 65 cpc:La conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati sono affidate a un custode, quando la legge non dispone altrimenti. Il compenso al custode è stabilito, con decreto, dal giudice dell’esecuzione nel caso di nomina fatta dall’ufficiale giudiziario e in ogni altro caso dal giudice che l’ha nominato”.

Inoltre, l’Articolo 67 cpc è la norma alla quale bisogna guardare per comprendere la responsabilità del custode: “Ferme le disposizioni del Codice penale, il custode che non esegue l’incarico assunto può essere condannato dal giudice a una pena pecuniaria da euro 250 a euro 500. Egli è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti, se non esercita la custodia da buon padre di famiglia”.

Come emerge dalla disciplina normativa, il custode è considerato come un ausiliare del giudice e gestore dei beni che gli sono stati affidati e rispetto ai quali dovrà comportarsi tenendo conto della diligenza del buon padre di famiglia.

Non bisogna tralasciare la disposizione di cui all’Articolo 2051 cc che fa riferimento al danno da cosa in custodia: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

La responsabilità del custode è oggetto dell’articolo 2051 c.c. e costituisce una ipotesi di responsabilità oggettiva nella quale il danneggiato dovrà provare in giudizio la sussistenza del danno ed il nesso causale con l’attività svolta dal custode.

La prova potrà essere fornita anche mediante presunzioni, in quanto essa rappresenta un indizio di un risultato anomalo che è la conseguenza dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad un’idonea diligenza che normalmente avrebbe evitato il danno (Corte appello Lecce sez. II, 04/09/2020, n.842).

Rispetto alla possibilità di agire nei confronti del custode è necessario sottolineare che il presupposto necessario e sufficiente sia la possibilità di esercitare un controllo sul bene.

Possibilità di controllo che viene meno nel momento in cui il debitore continui ad avere la disponibilità piena dell’immobile o l’immobile sia ancora in fase di liberazione.

La responsabilità del custode resterà esclusa a seguito della presenza di un comportamento colposo del danneggiato che influisce sul nesso causale, andando ad interrompere il rapporto di conseguenzialità tra la condotta del custode e l’evento di danno (Corte appello Roma sez. VIII, 28/07/2020, n.3818).

Quindi è assolutamente complesso comprendere quali azioni avrebbe potuto intraprendere il custode per evitare che l’occupante non danneggiasse l’immobile prima di rilasciarlo.

Nel caso prospettato nell’incipit del nostro approfondimento, essendo l’immobile occupato da un terzo è corretto escludere qualsivoglia forma di responsabilità del custode rispetto agli atti vandalici compiuti dal soggetto che occupa il bene.

A vantaggio della figura del custode si è infatti pronunciato anche il Tribunale di Savona con sentenza del 23 Aprile 2021: “Deve ritenersi inesigibile da parte del custode di un immobile pignorato un controllo  costante, esercitato attraverso la sua ininterrotta presenza in loco, giorno e notte, senza interruzioni, per impedire che il debitore, anteriormente all’esecuzione dell’ordine di liberazione, possa attuare condotte di doloso danneggiamento dell’immobile da lui occupato; per contro, difetta il requisito della causalità della colpa in relazione alle condotte concretamente esigibili da parte del custode medesimo, consistenti in una sorveglianza discontinua, per l’intrinseca inidoneità ad evitare eventi del tipo di quello verificatosi”.

Infine, escludiamo anche la possibilità di chiedere e conseguentemente ricevere un ristoro in seno alla procedura siccome l’Articolo 2922 cc vieta la rilevanza della garanzia per i vizi della cosa nell’ambito della vendita forzata (giudice ha avuto un comportamento corretto e conforme ai sensi della legge).

Dott. Andrea Parascandolo

Per approfondire i poteri dell’aggiudicatario rispetto alla procedura esecutiva immobiliare potresti leggere Perizia viziata: l’offerente può opporsi? o anche L’offerente può accedere al fascicolo telematico?

La legge ti permette di acquistare all’asta tramite il tuo avvocato di fiducia, delegando a questi sia la presentazione dell’offerta che la partecipazione all’eventuale gara tra gli offerenti. Per saperne di più relativamente alla procura speciale (da rilasciare all’avvocato) per queste attività, i relativi costi e un modello leggi “Procura speciale asta: come si fa, costi, e modello

Se invece sei interessato a sapere come viene determinato il valore dell’immobile all’asta potresti leggere “Valore dell’immobile all’asta: chi lo decide?

Tema controverso è quello relativo al rapporto tra acquisto all’asta e confisca penale: a tal proposito puoi leggere “Acquisto all’asta e confisca penale”.

Per approfondire i principali rimedi per contestare un’asta giudiziaria che sia stata irregolare o viziata leggi l’articolo “Opposizione all’asta giudiziaria: come si fa”

Se invece sei interessato ad approfondire la particolare tutela che la legge riconosce all’aggiudicatario in caso di vizi e invalidità della procedura esecutiva immobiliare potresti leggere “La tutela dell’aggiudicatario in caso di vizi del pignoramento” dove approfondiamo gli articoli 2929 c.c. e 187 bis disp. att. c.p.c. e, più nel dettaglio, cosa succede a chi si aggiudica un immobile all’asta, frutto di una procedura esecutiva viziata.

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