La questione oggetto di odierna analisi riguarda la sorte del deposito cauzione in caso di cessazione degli effetti di un contratto di locazione ritenuto opponibile alla procedura.
In buona sostanza, ci stiamo chiedendo chi debba restituire la cauzione al conduttore nel caso in cui il contratto di locazione opponibile venga a cessare durante la procedura esecutiva immobiliare o dopo il decreto di trasferimento.
Prima di analizzare il merito di quanto anticipato sarà utile premettere brevi cenni sull’opponibilità della locazione.
Rappresentiamo che sull’argomento puoi consultare gli articoli “Locazione e aste giudiziarie: opponibilità e proroga.”
Restituzione cauzione in caso di contratto opponibile: l’articolo 2923 c.c.
Il contratto di locazione tra debitore esecutato ed inquilino può essere opponibile o non opponibile alla procedura esecutiva immobiliare.
Per intenderci, con “opponibile” o “non opponibile” si vuole indicare la possibilità, per il contratto in oggetto, di “sopravvivere” al pignoramento immobiliare.
Nel caso in cui il contratto di locazione risulti opponibile, l’eventuale successivo proprietario sarà tenuto a rispettarlo e ad attendere i tempi dal medesimo previsti.
Al contrario, qualora il contratto non risulti opponibile, l’aggiudicatario potrà, anche servendosi del Custode Giudiziario, ottenere la liberazione dell’immobile.
Quando va rispettato un contratto di locazione?
Per comprendere quando il contratto di locazione prevale sulle esigenze dell’aggiudicatario occorre rifarsi all’art. 2923 c.c. secondo cui:
I. Le locazioni consentite da chi ha subito l’espropriazione sono opponibili all’acquirente se hanno data certa anteriore al pignoramento, salvo che, trattandosi di beni mobili, l’acquirente ne abbia conseguito il possesso in buona fede.
II. Le locazioni immobiliari eccedenti i nove anni che non sono state trascritte anteriormente al pignoramento non sono opponibili all’acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione.
III. In ogni caso l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione qualora il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.
IV. Se la locazione non ha data certa, ma la detenzione del conduttore è anteriore al pignoramento della cosa locata, l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione che per la durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.
V. Se nel contratto di locazione è convenuto che esso possa risolversi in caso di alienazione, l’acquirente può intimare licenza al conduttore secondo le disposizioni dell’articolo 1603.
La norma, suindicata, esordisce disponendo che le locazioni sono opponibili se hanno “data certa anteriore al pignoramento”. Pertanto, se il contratto di locazione è registrato prima della notifica dell’atto di pignoramento immobiliare, questi è opponibile alla procedura.
Di grande rilevanza, ai nostri fini, appare il comma terzo dell’art. 2923 c.c. che introduce la nozione di “prezzo vile“.
Con questa disposizione, il Legislatore ha evidentemente inteso privare d’efficacia quei contratti di locazione creati artificiosamente al solo fine di frustrare la procedura esecutiva immobiliare. (cfr. Tribunale Verona Ordinanza del 13 Maggio 2021 secondo cui “La pattuizione di un canone incongruo comporta, infatti, di per sé la valutazione che le parti abbiano concluso un contratto pregiudizievole nella consapevolezza di arrecare un danno ai creditori del locatore: non occorre la statuizione del giudice di cognizione né la dimostrazione di quale fosse in concreto lo stato soggettivo dei contraenti)
In questo senso, sebbene “opponibile” perché avente data certa anteriore, il contratto non è, comunque, opponibile se il canone convenuto risulta inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni (o sublocazioni).
Si pensi, ad esempio, ad un contratto di fitto, registrato prima della notifica dell’atto di pignoramento immobiliare, che preveda un canone di 100 euro per un immobile al centro di Roma di 100mq.
Per sintetizzare, un contratto di locazione è opponibile alla procedura esecutiva:
- se registrato prima della notifica dell’atto di pignoramento immobiliare;
- se la detenzione (occupazione) è anteriore all’atto di pignoramento immobiliare;
Pure se opponibile può essere ritenuto non opponibile quando:
- il valore del canone è inferiore di un terzo al prezzo giusto;
- il contratto prevedeva espressamente la risoluzione in caso di alienazione;
Restituzione cauzione in caso di contratto opponibile: chi deve provvedervi?
Chiarito quanto precede sull’opponibilità della locazione si pone il problema, al termine della stessa, di restituire la cauzione versata dall’inquilino, sempre che le condizioni dell’immobile lo consentano.
La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 23164 dell’ 11 ottobre 2013 ha ribadito che l’obbligo di restituire il deposito cauzionale “passa” al nuovo proprietario in caso di cessione/subentro del contratto di locazione, salvo che non sia diversamente pattuito.
Infatti: “La cessione del contratto di locazione determina il trasferimento dei diritti e dei doveri in esso contenuto, comprese le obbligazioni scaturenti dall’eventuale deposito cauzionale. Nel caso di vendita di immobile locato, il nuovo acquirente-locatore risponde – anche – dell’obbligo di restituzione in favore del conduttore del deposito cauzionale. Nel contratto di locazione, il deposito cauzionale ha natura di pegno irregolare, ovvero, pegno che ha ad oggetto cose fungibili (denaro). Il deposito cauzionale è accessorio rispetto alle obbligazioni che garantisce ed è caratterizzato dal diritto di sequela, sicché si trasferisce unitamente all’immobile”.
Così ragionando dovremmo ritenere che è il nuovo prioritario, ossia l’aggiudicatario, a dover “restituire” il deposito cauzionale che è stato anni prima “intascato” dal debitore locatario.
Il discorso sembrerebbe ragionevole.
Considerato che il deposito cauzionale ha lo scopo di garantire l’integrità dei beni locati e tenuto conto del diritto di seguito rispetto all’immobile, spetterebbe al nuovo proprietario – che ha diritto ed interesse alla conservazione del cespite – a godere della “garanzia” ed, al contempo, essere tenuto alla restituzione del deposito.
Sembrerebbe inoltre pacifico che sia l’aggiudicatario a dover restituire il deposito cauzionale quando il contratto venga a cessare in un tempo successivo alla chiusura della procedura esecutiva immobiliare.
Questo sia perché il diritto alla restituzione del deposito cauzionale nasce al termine della locazione sia perché l’aggiudicatario / nuovo proprietario è l’unico, a quel momento, a poter verificare le condizioni dell’immobile e pertanto la sussistenza dell’anzidetto diritto.
La soluzione indicata però non sembra convincente in termini di giustizia quando la disdetta venga comunicata – circostanza non insolita – dal custode giudiziario, tenuto conto del fatto che la procedura si troverebbe ad incassare magari per un periodo tendenzialmente lungo gli affitti e a sottrarsi contestualmente al pagamento del deposito cauzionale a seguito della vendita immobiliare, nonché a determinare le sorti della locazione.
Seppur sia vero che l’aggiudicatario è messo in condizione già prima della vendita di venire a conoscenza di tale circostanza (per cui potrebbe valutare, tra le altre evenienze relative alla convenienza dell’affare, anche la restituzione del deposito cauzionale) va esaminato uno spunto reso da un recente articolo di Salvis Juribus (disponibile qui).
Qui viene fatto espresso riferimento al contratto di affitto d’azienda in ambito fallimentare dove viene osservato:
“In secondo luogo, si può fare un parallelismo con i contratti di affitto d’azienda, benchè stipulati successivamente alla data del fallimento, posti in essere dal curatore in qualità di locatore.[10] In tali casi, non vi è dubbio che l’eventuale cauzione (l’articolo in commento parla di “idonee garanzie”) debba essere considerato debito della massa, proprio perché accede ad un rapporto che è in essere successivamente all’apertura della procedura (rapporto, inoltre, strumentale ad un migliore esito della liquidazione dell’attivo).”
Art. 104 bis L.F. A mente del quale: <<Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all’articolo 104 ter su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa. La scelta dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’articolo 107 , sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali. Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’articolo 2556 del codice civile deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1). La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni. Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell’azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione. La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II.>>
Anche se le ipotesi sono visibilmente diverse in quanto, da un lato, la procedura fallimentare affitta, dall’altro la procedura esecutiva sembra “subire” l’opponibilità della locazione, certamente in entrambi i casi il contratto giova alla liquidazione in quanto i canoni ex art. 2912 c.c. (per cui “ il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata”) confluiscono nel conto corrente della procedura espropriativa, destinato alla soddisfazione dei creditori.
Insomma in queste situazioni, con le doverose premesse già esposte, e tutte quelle volte in cui la disdetta venga comunicata dalla procedura esecutiva immobiliare (rectius: dal custode giudiziario) non escludo che possa essere la procedura stessa a dover restituire il deposito cauzionale ben potendo il custode relazionare sullo stato dell’immobile e, pertanto, sulla presenza del diritto a detta restituzione.
In questi casi effettivamente ritengo che la procedura debba farsi carico del pagamento del deposito cauzionale tanto più in quanto tale scelta è effettuata al fine di vendere l’immobile come libero (e pertanto più appetibile) o in corso di liberazione.
Avv. Daniele Giordano
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