Il curatore fallimentare: chi è e cosa fa?

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Pubblicato da: Avv. Abbruzzese

Oggi approfondiremo la figura professionale del curatore fallimentare, al fine di poter comprendere quali funzioni svolge questo particolare organo della procedura fallimentare.

Il curatore fallimentare viene nominato con sentenza di fallimento affinchè espleti la funzione di amministratore del patrimonio dell’imprenditore fallito. Infatti, quest’ultimo quando si trova in stato d’insolvenza e non è più in grado di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni viene privato della disponibilità dei suoi beni, presenti e futuri.

La nostra trattazione prende le mosse da quanto disposto dal legislatore nell’ambito della Legge Fallimentare contenuta nel Regio Decreto n.267/1942.

Nomina del curatore fallimentare

La sentenza di fallimento è il provvedimento con il quale viene disposta la nomina del curatore fallimentare (Articolo 27).

I requisiti pretesi dalla legge ai fini della nomina a curatore fallimentare sono vari:

  • Deve trattarsi di avvocati, commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;
  • Studi professionali associati o società di professionisti (in questo caso va designata la persona fisica responsabile della procedura);
  • Soggetti che abbiano esercitato funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali;

Presso il Ministero della Giustizia viene tenuto un registro in cui sono inseriti tutti i provvedimenti di nomina dei curatori, commissari giudiziali e liquidatori. All’interno di tale registro si dà anche nota dei provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato. Bisogna ricordare che il registro è tenuto con modalità informatiche ed è liberamente accessibile al pubblico.

Appare scontato affermare che non possono essere in alcun modo tenuti in considerazione per l’ufficio di curatore fallimentare soggetti come: coniuge, parenti ed affini entro il quarto grado dell’imprenditore fallito, nonché creditori e chi ha concorso al dissesto dell’impresa ed infine chi si trovi in uno stato di conflitto di interessi con il fallimento (Articolo 28).

Nello svolgimento della sua funzione, il curatore fallimentare, è considerato un pubblico ufficiale come afferma l’Articolo 30 della Legge Fallimentare.

Accettazione della nomina

L’Articolo 29 disciplina l’accettazione della nomina da parte del curatore; egli, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, deve far giungere al giudice delegato la propria accettazione.

In mancanza dell’osservanza di tale obbligo, il Tribunale provvede, in camera di consiglio, alla nomina di un altro curatore.

Ricordiamo che l’Articolo 27 statuisce che il provvedimento con il quale si sostituisce o revoca il curatore è il Decreto, non più la sentenza fallimentare.

La gestione della procedura da parte del curatore fallimentare

Il curatore nell’amministrare il patrimonio dell’imprenditore fallito svolge tutte le sue attività sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.

Il curatore sta in giudizio grazie all’autorizzazione del giudice delegato, a meno che il processo non abbia ad oggetto le contestazioni e le tardive dichiarazioni di crediti e diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento oppure si tratti di procedimenti intrapresi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale.

Ovviamente durante lo svolgimento della procedura fallimentare non è possibile per il curatore assumere le vesti di avvocato (Articolo 31).

L’Articolo 31 bis si occupa delle comunicazioni che il curatore effettua ai creditori ed ai titolari sui beni che la legge o il giudice delegato pone a carico del curatore. Queste comunicazioni vengono effettuate con lo strumento della pec (posta elettronica certificata) nei casi previsti dalle legge.

Nel caso in cui non sia stata fornita l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica oppure non vi è stata la consegna del messaggio per cause attribuibili al destinatario, tutte le comunicazioni sono eseguite attraverso il deposito in cancelleria.

Nelle more della procedura fallimentare e per due anni dalla conclusione della stessa, il curatore è tenuto a conservare i messaggi di posta elettronica certificata inviati e ricevuti.

Il legislatore all’Articolo 32 precisa che il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio ma su autorizzazione del comitato dei creditori può delegare specifiche operazioni a tecnici o altri soggetti che vengono retribuiti.

Relazione e Rapporti Riepilogativi: che cosa sono?

L’Articolo 34 statuisce in merito alle somme riscosse dal curatore, le quali vanno depositate entro il termine di 10 giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare (Nb. Questo conto viene aperto presso un ufficio postale o una banca prescelta dal curatore).

Purchè sia garantita l’integrità del capitale, il comitato dei creditori può richiedere che tali somme vengano investite con strumenti differenti rispetto al deposito in conto corrente.

Proprio in questo ambito troviamo una delle ipotesi di revoca del curatore, ossia quando non procede alla costituzione del deposito nel termine prescritto.

Il curatore fallimentare, nel termine di 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento, è tenuto a presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza tenuta dall’imprenditore fallito nell’esercizio dell’impresa, sulla responsabilità del fallito o di altri soggetti e su quanto può essere rilevante in sede d’indagini per l’eventuale apertura di un procedimento penale.

Il curatore è tenuto ad indicare anche gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli ha intenzione di impugnare.

Egli, ogni sei mesi dalla presentazione della suddetta relazione, redige un rapporto riepilogativo delle attività svolte.

La copia del rapporto viene trasmessa ai creditori, i quali possono formulare osservazioni scritte (Articolo 33).

L’integrazione dei poteri del curatore fallimentare

Articolo 35 stabilisce che il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori effettua:

  • Riduzioni di crediti;
  • Transazioni;
  • Compromessi;
  • Rinunzie alle liti;
  • Restituzioni dei pegni;
  • Svincolo delle cauzioni;
  • Accettazione di eredità e donazioni
  • Atti di straordinaria amministrazione.

Inoltre, nel momento in cui richiede l’autorizzazione al comitato dei creditori, il curatore fallimentare formula le proprie osservazioni sulla convenienza della proposta.

Se gli atti che abbiamo menzionato in precedenza hanno un valore superiore a 50.000 Euro, il curatore deve informare il giudice delegato, a meno che quest’ultimo non abbia già autorizzato tali atti nelle forme previste dall’Articolo 104 ter co.8.

L’istituto della revoca del curatore fallimentare

La Responsabilità del curatore fallimentare

Nel corso del nostro approfondimento abbiamo più volte menzionato la revoca del curatore fallimentare, ora ce ne occupiamo in maniera specifica andando a guardare quanto disposto dall’Articolo 36 della Legge fallimentare:

Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore.

Il tribunale provvede con decreto motivato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori.

Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell’articolo 26; il reclamo non sospende l’efficacia del decreto”.

Articolo 38 dispone che il curatore deve adempiere ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o stabiliti dal piano di liquidazione con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico che gli è stato affidato.

Egli deve annotare in un registro tutte le operazioni relative alla sua amministrazione e durante il fallimento è possibile la proposizione di un’azione di responsabilità contro il curatore avanza da parte del nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato o del comitato dei creditori.

Quando il curatore cessa dal suo ufficio, anche nelle more del procedimenti fallimentare, è tenuto a rendere conto della sua gestione a norma dell’Articolo 116.

La Cassazione Civile, Sez.I con sentenza 2 Luglio del 2020 n.13597 ha affermato che la responsabilità del curatore fallimentare ha natura contrattuale.

Il compenso del curatore fallimentare

A completare la disciplina legislativa relativa al curatore fallimentare ci pensa l’Articolo 39 che si occupa del compenso spettante al curatore.

Tale disposizione asserisce che il compenso e le spese dovute al curatore, anche se il fallimento si conclude con un concordato, vengono liquidati su istanza del curatore con decreto del tribunale non reclamabile.

La liquidazione del compenso segue l’approvazione del rendiconto e, se del caso, anche l’esecuzione del concordato.

Quando nello svolgimento dell’ufficio si sono avvicendati più curatori, il compenso viene stabilito nel rispetto di criteri di proporzionalità ed è liquidato al termine della procedura.

Il curatore non può pretendere alcun compenso oltre a quello liquidato dal tribunale, tantomeno i rimborsi spese. Eventuali promesse e pagamenti effettuati in divieto a quanto disposto sono nulli, e costituiscono il presupposto per poter avanzare una domanda per la ripetizione di quanto è stato pagato.

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